Gli indicatori del mercato del lavoro permettono di misurare fenomeni importanti come lo stato occupazionale della popolazione di un Paese e, dunque, la sua partecipazione alla produzione di reddito. Da queste misure si possono trarre indicazioni sulle tendenze di crescita economica delle differenti aree dell’Unione europea, utili per predisporre corrette politiche d’intervento. Questi indicatori si rivelano decisivi soprattutto in momenti, come quello attuale, in cui l’occupazione subisce gli effetti negativi della crisi economica generata dalla pandemia sanitaria, limitando le possibilità di realizzazione e di scelta degli individui.
In breve
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In breve
- Diminuisce nel 2020 il tasso di occupazione della fascia d’età 20-64 anni e permane un forte squilibrio di genere. Nel 2019 l’Italia, nonostante l’incremento dell’indicatore, si colloca al penultimo posto nella graduatoria Ue, superando soltanto la Grecia.
- Il calo dell’occupazione nel 2020 si riflette sulla riduzione dei lavoratori a termine e sulla loro incidenza (-1,9 punti rispetto al 2019), nonché sulla diminuzione della quota degli occupati part time, scesa al 18,5%; il part time continua a coinvolgere maggiormente le lavoratrici (32,1%).
- Si riduce anche nel 2020 il tasso di disoccupazione, che rimane più alto per la componente femminile. L’indicatore cresce lievemente per la fascia d’età 15-24 anni, mentre la quota dei disoccupati di lunga durata registra una forte diminuzione.
- La gran parte degli indicatori del mercato del lavoro fa emergere lo svantaggio del Mezzogiorno: in particolare, il tasso di disoccupazione è due volte quello del Centro e quasi tre volte quello del Nord-Est.
- Il lavoro sommerso, seppure in calo, nel 2018 riguarda ancora il 12,9% degli occupati, con incidenze più alte nei settori dell’agricoltura e delle costruzioni.
ITALIA
uno sguardo d'insieme
La strategia europea include tra i suoi obiettivi l’aumento del tasso di occupazione, con la raccomandazione di un’ampia partecipazione al mercato del lavoro delle donne e degli ultracinquantenni.
Tasso di occupazione 20-64 anni. (valori percentuali)
Nel 2020 in Italia il tasso di occupazione nella fascia d’età tra i 20 e i 64 anni scende al 62,6% (-1,0 punti percentuali rispetto al 2019), confermando un forte squilibrio di genere: quasi 20 punti percentuali a sfavore delle donne (52,7% a fronte del 72,6% dei coetanei). Diminuisce, seppure lievemente, anche il tasso di occupazione nella fascia d’età tra i 55 e i 64 anni (-0,1 punti rispetto al 2019), che nel 2020 si attesta al 54,2%. Il calo dell’occupazione riguarda sia i lavoratori indipendenti sia dipendenti, ma in misura particolare quelli a termine, tanto che l’incidenza di questi ultimi scende al 15,1% (-1,9 punti rispetto al 2019). Contemporaneamente, si registra un calo degli occupati part time la cui incidenza scende complessivamente al 18,5%, ma con forti differenze fra uomini (8,6%) e donne (32,1%).
In Italia il fenomeno del lavoro sommerso, seppure in calo, incide ancora in misura rilevante e coinvolge, nel 2018, il 12,9% degli occupati. Il fenomeno è particolarmente presente in alcuni settori produttivi: nell’agricoltura quasi un quarto dell’occupazione non è regolare; nel settore delle costruzioni il tasso di irregolarità medio è del 16,3%. Il settore dell’industria in senso stretto è invece quello che presenta il tasso di irregolarità più contenuto (6,5%).
Il tasso di disoccupazione nel 2020 scende di 0,8 punti rispetto al 2019 attestandosi al 9,2%, con differenze fra la componente femminile e maschile (10,2% e 8,4%, rispettivamente). In lieve aumento invece il tasso nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni (+0,2 punti); anche fra i giovani l’indicatore si conferma più elevato per la componente femminile (31,8% a fronte del 27,9% degli uomini), con un differenziale in crescita rispetto al 2019. È in forte calo la quota di disoccupati che cercano lavoro da almeno un anno (-4,4 punti), con un valore che scende al 51,5%, uguale per entrambi i generi.
Il tasso di mancata partecipazione (tra i 15 e i 74 anni) dà conto di quanti sono disponibili a lavorare pur non cercando attivamente lavoro. Dopo la diminuzione per cinque anni consecutivi, nel 2020 l’indicatore sale lievemente (+0,1 punti) attestandosi al 19,0%, rimane comunque più alto per le donne di quasi 7 punti.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
La maggior parte degli indicatori del mercato del lavoro presenta divari territoriali marcati accentuati a seguito della crisi economica iniziata nel 2008. Nel 2019, nella fascia d’età tra i 20 e i 64 anni, nelle Regioni del Nord sono occupate oltre 7 persone su 10, mentre nel Mezzogiorno non si arriva a 5; gli estremi variano tra il 44,5% della Sicilia e il 79,2% della Provincia di Bolzano/Bozen. Più contenuti, sebbene in crescita, i divari del tasso di occupazione tra i 55 ei 64 anni: nel Nord-Est raggiunge il 60,2%, nel Mezzogiorno il 45,4%.
L'incidenza del part time si distribuisce in modo uniforme nelle aree del Paese. La quota di lavoratori a termine invece è più alta nel Mezzogiorno: oltre 7 punti percentuali in più rispetto al Centro-Nord, con un divario leggermente maggiore per le donne. La quota delle occupate a termine va dal 13,1% della Lombardia al 28,8% della Calabria.
Tra il 2015 e il 2016, tutte le Regioni presentano una diminuzione dell'incidenza del lavoro irregolare (tasso di irregolarità), con l'eccezione dell'Emilia-Romagna dove resta stabile. Il Mezzogiorno presenta l’incidenza più elevata (18,6%), con la Calabria (22,3%) che registra il valore più alto e la Basilicata (14,4%) il più basso, ma comunque superiore alla media nazionale (13,1%). Nel Centro, il Lazio presenta il tasso più elevato (15,6%). Il Nord mantiene in media la minor incidenza, con il valore più basso in Veneto (8,9%). Il lavoro sommerso è più diffuso nelle unità produttive di minori dimensioni ed è caratterizzato da forti specificità settoriali. Nelle costruzioni, il tasso di irregolarità nel Mezzogiorno è più alto della media nazionale di quasi 8 punti percentuali. Il settore dei servizi presenta una variabilità territoriale più contenuta rispetto agli altri settori.
Nel 2019 i divari territoriali persistono anche per il tasso di disoccupazione, con il valore del Mezzogiorno (17,6%) che, seppure in calo, supera di oltre tre volte quello del Nord-Est e di due quello del Centro, con un picco del 21% in Calabria. Le differenze di genere non subiscono sostanziali variazioni rispetto al 2018, si riducono nel Mezzogiorno, mentre la Regione con il divario più alto è la Liguria (+4,9 punti percentuali).
Tasso di disoccupazione. Anno 2020 (Valori percentuali)
Nonostante il calo complessivo, la disoccupazione giovanile è cresciuta in Sardegna, Abruzzo e Molise nel Mezzogiorno; nelle Marche e in Toscana nel Centro; lievemente in Emilia-Romagna e Valle D'Aosta/Vallée d’Aoste nel Nord. La riduzione della disoccupazione di lunga durata interessa invece tutte le aree geografiche e quasi tutte le Regioni. Permangono comunque i divari territoriali: nel Nord-Est 4 persone su 10 cercano lavoro da almeno un anno, nel Centro 5 su 10 e nel Mezzogiorno più di 6 su 10 (in Sicilia il 68,5%). La riduzione del tasso di mancata partecipazione, maggiore per le donne, è diffusa in tutte le Regioni ad eccezione della Provincia di Trento, Marche e Campania. Il valore del Mezzogiorno (34,1%) è tre volte superiore a quello del Centro-Nord, con la Sicilia che presenta il livello dell'indicatore più alto (il 40,0%). Il divario di genere a sfavore delle donne, -6,7 punti percentuali a livello nazionale, è quasi il doppio nel Mezzogiorno (-12,7 punti).
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2019 il mercato del lavoro dell'Unione europea si conferma in ripresa, con un aumento di 0,8 punti percentuali del tasso di occupazione per la fascia d’età 20-64 anni (valore medio Ue uguale a 73,9%) e un calo di quello di disoccupazione (con un valore pari al 6,3%). Anche in Italia è proseguita la crescita del tasso di occupazione, giunto al 63,5%, ma il Paese continua a collocarsi al penultimo posto nella graduatoria europea seguita dalla Grecia. Per questo indicatore il divario con la media dei Paesi dell’Ue continua ad aumentare raggiungendo i 10,4 punti percentuali. La distanza è ancora più forte per le donne della stessa fascia d’età (14,4 punti percentuali). Meno ampia - seppure in risalita - la differenza tra il tasso di occupazione dell’Ue e quello italiano se si considera la popolazione in età compresa tra i 55 e i 64 anni: il tasso italiano, 54,3%, è inferiore di 5,7 punti rispetto alla media europea, con divari contenuti per gli uomini e più ampi per le donne (-2,0 e -9,1 punti rispettivamente).
L'incidenza degli occupati a termine nell'Ue mostra una flessione, scendendo nel 2019 al 13,6%, ma il valore italiano (17,0%) si mantiene stabile e più elevato di quello europeo; la Spagna registra la quota più alta, superando il 26%. L’incidenza degli occupati a tempo parziale a livello italiano si avvicina alla media europea, con un valore rispettivamente uguale al 18,9% e al 20,0%; nei Paesi Bassi tale quota raggiunge il 51,0%. Sia in Europa sia in Italia il lavoro a tempo parziale continua a essere largamente più diffuso tra le donne: 31,9% contro il 9,7% per gli uomini nella media Ue, 32,9% e 8,7% per l’Italia.
Nel 2019 prosegue il calo del tasso di disoccupazione sia nell'Ue sia in Italia (-0,5 punti -0,6 rispettivamente). Il livello dell’indicatore rimane più elevato nel nostro Paese (10,0% contro 6,3% della media Ue), con un valore inferiore soltanto a quello di Grecia e Spagna. Germania e Polonia registrano valori di poco superiori al 3%. Nonostante un generale miglioramento del tasso di disoccupazione giovanile nell’Ue, la condizione dei giovani di 15-24 anni rimane particolarmente critica in Grecia (35,2%) e in Spagna (32,5%), Paesi che insieme all'Italia (29,2%) presentano valori dell'indicatore più che doppi rispetto a quello medio Ue (14,4%).
Tasso di occupazione 20-64 anni. Anno 2019 (valori percentuali)
L'incidenza della disoccupazione di lunga durata si riduce sia nell'Ue sia in Italia che, però, dopo la Grecia presenta il valore più alto tra i Paesi europei (57,0%). La distanza dalla media Ue (40,7%) sale a 16,3 punti percentuali. Svezia, Danimarca e Finlandia registrano valori inferiori al 20%.
Il tasso di mancata partecipazione europeo (riferito alla popolazione in età compresa tra i 15 e i 74 anni) diminuisce di 0,7 punti percentuali rispetto al 2018 e di 0,8 punti in Italia, cosicché il divario tra il nostro Paese e la media Ue rimane sostanzialmente invariato: circa dieci punti percentuali per il complesso della popolazione e quasi 13 punti per le donne.