I cittadini stranieri regolarmente presenti sono una realtà consolidata anche in Italia, sebbene in misura più contenuta rispetto a molti altri Paesi europei. È quindi importante conoscere dimensioni e caratteristiche di questa parte della popolazione e comprenderne il livello di integrazione, soprattutto sul piano dell’accesso al mercato del lavoro.
In breve
In breve
In breve
- Al 1° gennaio 2020 risiedono in Italia circa 5 milioni di cittadini stranieri che rappresentano l’8,4% del totale dei residenti. L’83,1% si concentra nel Centro-Nord.
- Il 10,3% degli stranieri fra i 15 e i 64 anni ha una laurea, il 34,5% ha un diploma di scuola superiore.
- I cittadini non comunitari regolarmente presenti in Italia all’inizio del 2020 sono poco più di 3 milioni e 600 mila. Rispetto all’anno precedente, nel 2019 i nuovi permessi di soggiorno rilasciati sono 64 mila in meno (-26,8%).
- Il tasso di disoccupazione dei cittadini stranieri (13,1%) nel 2020 è superiore a quello dei cittadini italiani (8,7%).
- Nel 2020 il tasso di occupazione degli stranieri (60,6%) si riduce più intensamente di quello dei coetanei italiani, tanto da risultare inferiore a quello degli autoctoni (62,8%).
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Al 1° gennaio 2020 risiedono in Italia circa 5 milioni di cittadini stranieri e rappresentano l’8,4% del totale dei residenti. Rispetto all’anno precedente aumentano di 43 mila unità (+0,9%).
Nel 2019, diminuiscono le nascite di bimbi stranieri (63 mila nati rispetto ai 65 mila del 2018) e le iscrizioni anagrafiche dall’estero (265 mila rispetto alle 286 mila del 2018), aumentano le cancellazioni anagrafiche per l’estero (57 mila rispetto alle 40 mila del 2018). Nel 2019, 127 mila cittadini stranieri hanno acquisito la cittadinanza italiana (+12,9% rispetto al 2018).
All’inizio del 2020 sono regolarmente presenti in Italia 3.615.826 cittadini non comunitari, dei quali il 63,1% ha un permesso di soggiorno di lungo periodo. Nel 2019 i nuovi permessi di soggiorno rilasciati a cittadini non comunitari sono stati 177 mila, oltre 64 mila in meno rispetto al 2018 (-26,8%). I motivi prevalenti dei nuovi rilasci sono il ricongiungimento con la famiglia (56,9%) e la richiesta di asilo e protezione umanitaria (15,6%); per quest’ultimo motivo si è registrata la più forte riduzione nel 2019 (-57%), con oltre 37 mila concessioni in meno rispetto al 2018.
Nella partecipazione al mercato del lavoro permangono differenze tra italiani e stranieri: nel 2020 il tasso di occupazione degli stranieri tra i 20 e i 64 anni si riduce più intensamente di quello dei coetanei italiani, (rispettivamente -3,8 punti percentuali e -0,6 punti), tanto da risultare inferiore a quello degli autoctoni (rispettivamente 60,6% e 62,8%,) pur partendo da un livello superiore nell’anno precedente. Il tasso di disoccupazione diminuisce in egual misura per gli italiani e per gli stranieri (-0,8 punti percentuali) che, però, continuano a presentare un valore dell'indicatore più elevato (13,1%) rispetto agli italiani (8,7%). Il tasso di inattività (15-64 anni) per gli stranieri (34,0%), nonostante il forte incremento, resta invece inferiore rispetto a quello degli italiani (36,1%), con differenze più marcate nel Mezzogiorno.
Popolazione straniera per grado di istruzione (composizioni percentuali)
Il grado di istruzione degli stranieri, nel 2020, è ancora inferiore a quello degli italiani e non accenna a migliorare nel tempo. Oltre il 55% degli stranieri tra i 15 e i 64 anni ha conseguito al più la licenza media, contro il 37,5% dei coetanei italiani; il 34,5% ha un diploma di scuola superiore e il 10,3% una laurea a fronte, rispettivamente, del 43,7% e del 18,7% degli italiani della stessa fascia d’età.
Popolazione straniera per grado di istruzione per ripartizione geografica. Anno 2020 (composizioni percentuali)
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Storicamente gli stranieri si concentrano soprattutto nelle ripartizioni del Centro-Nord dove, alla fine del 2019, risiede l’83,1% degli stranieri residenti in Italia. Nel 2019 il Centro-Nord è anche la ripartizione che mostra la crescita maggiore di popolazione straniera: +1,0%, a fronte di +0,4% del Mezzogiorno. Nel 2019 i dati mostrano un ridimensionamento delle iscrizioni dall’estero di cittadini stranieri, più marcato per il Mezzogiorno (-23,2% rispetto al 2018) che per il Centro e il Nord del Paese. Il numero di nati stranieri si conferma invece più elevato al Centro-Nord proprio in virtù della maggiore presenza di cittadini stranieri.
Al 1° gennaio 2020 oltre l’85% dei cittadini non comunitari regolarmente presenti ha un permesso rilasciato o rinnovato nel Centro-Nord, mentre solo il 14,4% l’ha ottenuto o rinnovato nel Mezzogiorno. Le Regioni con le quote più elevate di rilasci o rinnovi di permessi di soggiorno sono la Lombardia, l'Emilia-Romagna, il Lazio e il Veneto. La diminuzione dei nuovi flussi di ingresso ha riguardato invece soprattutto il Mezzogiorno (-40,3%) e il Nord-Ovest (-24,4%).
Stranieri residenti per Regione. Anno 2020 (per 100 residenti)
Nel 2020 il forte calo del tasso di occupazione di 20-64 anni degli stranieri rispetto all'anno precedente è dovuto in particolare alle Regioni del Mezzogiorno e al Nord-Ovest (rispettivamente -5,2 e -5,1 punti percentuali), nonché alla maggiore riduzione del tasso delle donne rispetto a quello degli uomini (-5,0 punti contro -2,4 punti). La lieve diminuzione del tasso di disoccupazione si deve al calo nelle Regioni settentrionali e soprattutto nel Centro, che ha più che compensato la crescita dell'indicatore nel Mezzogiorno, dove è salito al 18,9%. Il tasso di disoccupazione permane più elevato per le donne (15,2% rispetto all'11,4% degli uomini), ma il più alto divario di genere a sfavore delle donne si registra nel Nord-Est (6 punti percentuali). Nel 2020 la robusta crescita del tasso di inattività della popolazione straniera ha interessato tutte le ripartizioni e ha riguardato in particolare la componente femminile (+6,5 punti percentuali contro +2,9 punti degli uomini). Il divario del tasso di inattività tra il Mezzogiorno (40,6%) e il Nord-Est (29,8%) sale a 10,8 punti percentuali.
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Al 1° gennaio 2019, l’incidenza degli stranieri in Italia è pari a 8,4%, dato leggermente superiore alla media Ue. L’Italia occupa tuttavia il quattordicesimo posto nella graduatoria dei 28 Paesi Ue, ed è preceduta dalla Germania (12,2%), dalla Spagna (10,3%) e dal Regno Unito (9,3%). La Francia (7,3%) presenta invece un valore inferiore a quello italiano. Bisogna in ogni caso tener presente che, in questi Paesi, la storia dell’immigrazione ha radici più antiche e di conseguenza una quota più rilevante di residenti, originariamente cittadini stranieri, ha acquisito la cittadinanza.
Stranieri residenti nei Paesi Ue. Anno 2019 (per 100 residenti)
Anche nel 2019 nell'Unione europea il tasso di occupazione per la fascia d’età fra i 20 e i 64 anni aumenta sia per la componente straniera sia per quella autoctona. Continua a ridursi il divario a favore della popolazione autoctona (da +6,8 a +6,6 punti percentuali) il cui tasso di occupazione è infatti del 74,5%, mentre quello della popolazione straniera è del 67,9%. L’Italia è uno dei pochi Paesi dell'Ue in cui il tasso di occupazione è più elevato tra la popolazione straniera (+1,0 punti percentuali); i differenziali più alti, sopra i cinque punti, si registrano in Lussemburgo e Polonia.
Il tasso di disoccupazione degli stranieri nella media europea, seppure in riduzione, rimane decisamente più alto rispetto a quello degli autoctoni (pari rispettivamente al 10,7% e al 5,9%). A livello europeo, in termini di tasso di disoccupazione, la differenza tra la componente straniera e quella nazionale è leggermente più elevata rispetto a quanto si registra in Italia (4,8 contro 4,3 punti); il divario maggiore si segnala in Svezia con quasi 15 punti percentuali, mentre Cipro è l’unico Paese nel quale il tasso è più alto per la componente autoctona.
Nel 2019, nei Paesi dell’Ue il tasso di inattività per la fascia d'età 15-64 anni tende a diminuire per le popolazioni nazionali (da 26,2% a 25,9%) e in misura maggiore per quelle straniere (da 27,7% a 27,2%). Il divario a svantaggio di quest’ultime scende da 1,5 a 1,3 punti percentuali.